"Moreover, you scorned our people, and compared the Albanese to sheep, and according to your custom think of us with insults. Nor have you shown yourself to have any knowledge of my race. Our elders were Epirotes, where this Pirro came from, whose force could scarcely support the Romans. This Pirro, who Taranto and many other places of Italy held back with armies. I do not have to speak for the Epiroti. They are very much stronger men than your Tarantini, a species of wet men who are born only to fish. If you want to say that Albania is part of Macedonia I would concede that a lot more of our ancestors were nobles who went as far as India under Alexander the Great and defeated all those peoples with incredible difficulty. From those men come these who you called sheep. But the nature of things is not changed. Why do your men run away in the faces of sheep?"
Letter from Skanderbeg to the Prince of Taranto ▬ Skanderbeg, October 31 1460

Una serpe davvero illirica nel centro della Sardegna

Qui potete scrivere nella lingua italiana
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Arta
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Una serpe davvero illirica nel centro della Sardegna

#1

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Una serpe davvero illirica nel centro della Sardegna




E' sopratutto nel Centro della Sardegna (Barbagia e Ogliastra) che si sono salvate dall'usura del tempo, alcune denominazioni spesso risalenti a epoche molto lontane; così non solo alcuni termini di evidente e perspicua latinità, ma anche qualcuno che ha preceduto le armate romane.
Queste parole diversamente da quelle della toponomastica che sono mute e quindi facilmente sottoposte all'arbitrio della libera e personale interpretazione, possono dirci in filigrana se si possa realmente agitare un'ipotesi a sostegno dell'illiricità originaria dei Sardi Nuragici.
Un retaggio di sicura non-latinità è l'espressione per indicare la "serpe d'acqua" o natrice (tropinodotus natrix), un rettile di piccole dimensioni, non velenoso (come tutti quelli che abitano in Sardegna) che ha come habitat i corsi d'acqua a corso lento e ricchi di vegetazione, i terreni boschivi o i margini dei sentieri.
Orbene nel paese di Gavoi viene detta: lircis, a Nuoro: lirtzis, a Ollolai: lortzis, a Olzai pare si abbia una doppia denominazione: lurtzi e sulurtzi, in alcuni siti barbaricini: thulurtzis, e infine a Ottana abbiamo: silurtzis (dati Pittau)

Chi si è occupato di tali denominazioni, si è così espresso: per il Wagner (che riporta nel DES solo la variante lircis) è parola misteriosa; per lo studioso catalano E. Blasco i Ferrer sarebbe una forma greco-bizantina da un sintagma nominale: Thiu Leoutis 'zio Leuzzi' (una notte insonne ho passato chiedendomi chi fosse mai 'sto Leuzzi); per quello sardo M.Pittau: non si sa da dove venga, ma gli sembra ricordare qualche toponimo iberico, come Ilurci, così tanto per dirne una accattivante.
Come si vede, direbbero gli inquirenti, stiamo brancolando nel buio più fitto. Eppure l'acqua in cui la natrice sguazza non è poi così torbida come si vorrebbe.

Ritorniamo per un attimo al titolo: "una serpe davvero illirica... ecc. ecc". Illirica: era forse suggestivo l'italics per questa parola?...
Molti forse non lo sanno, e allora glielo diciamo noi, ma spesso i popoli primitivi assumono una certa loro denominazione di ethnos, con la precisa funzione di spaventare i loro vicini e avversari o per votarsi a un qualche animale sacro all'interno della loro tribù; tutto ciò è chiamato: totemismo. Così gli antichi Piceni avevano come animale sacro il picchio, la gazza: picus in latino, da cui: Pic-eni, gli Hirpini il lupo, da hirpus 'lupo'. Ora gli Illiri che vivevano probabilmente in origine intorno a qualche fiume o lago, come un'altra tribù illirica, gli Enchelei 'le anguille' (da ), secondo una ragionevole ipotesi formulata dal grande Anton Mayer, da un antenato-serpe detto Illuriòs 'serpe' (figlio del celebre Cadmo) prendevano nome (quello che i linguisti chiamano l'eponimo).
E presso tutti gli Illiri, ma specie quelli meridionali, il serpente era l'animale ctonio per eccellenza, collegato col culto degli antenati e col complesso magico religioso della fertilità della terra e della donna, apparendo con frequenza raffigurato in bassorilievi, gioielli e sulle polene delle navi.

Le radicate credenze in serpi e draghi pare sian state d'ostacolo all'affermazione del Cristianesimo, come si deduce dalla Vita di S. Ilarione scritta dall'illirico San Gerolamo; Ilarione dovette eliminare il terribile Boas che devastava Epidauro, divorando animali e persone, perché i pagani iniziassero un'opera di conversione.

Detto ciò, osserviamo la forma linguistica. La radice *il- (dall'indoeuropeola Image ritroviamo in altre lingue indeuropee, come nel greco dove vale ‘storcere,avvolgere,torcere': illòs 'strabico', perché è della serpe, non c'è bisogno che ve lo dica io, muoversi in tale maniera.
Orbene a una radice il- si è aggiunto un suffisso -ur, che in area illirica (e come vedo nel mio libro in quella paleosarda) è assai diffuso; si ottiene così:ilur-, e già qui le acque sembrano rischiararsi notevolmente.
Manca la parte finale -ci, -tzi: per spiegarla sono ricorso all'albanese, che ci offre un suffisso -çi, -thi per indicare il diminutivo.
La soluzione che io offro è pertanto che una molto probabile forma: *ilurci indicasse il "serpentello", e che come tale sia penetrata nel volgare latino di Sardegna, variamente sfigurata poi per l'incontro con l'articolo romanzo su 'il, lo' (attraverso il meccanismo della concrezione/discrezione come succede in altri casi ben dettagliati dal Wagner nella sua Historische Lautlehre des Sardischen).



Dunque la serpe d'acqua sarda ha una radice intrinsecamente e formalmente illirica.



bibliografia utilizzata:

M.L. Wagner, Dizionario Etimologico Sardo, Heidelberg 1960-64

M. Alinei, Dal totemismo al Cristianesimo popolare, Alessandria 1984

M. Pittau, Dizionario della lingua Sarda I-II, Cagliari 2000-2002

A. Mayer, Die Sprache der alten Illyrier, Wien 1959

A.Stipcevic, "Simbolismo illirico e simbolismo albanese" in Iliria 5, 1976

M. Camaj, Albanische Wortbildung, Wiesbaden 1966

J. Pokorny, Indogermanisches Etymologisches Wörterbuch, 1959

D. Srejovic, Illiri e Traci, Milano 1996

J. Wilkes, Gli Illiri tra identità e integrazione, Genova 1994

E. Blasco i Ferrer,“Etimologia ed etnolinguistica:zoonimi parentelari e totemismo in Sardegna” in Quaderni di Semantica xxii, 2001


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Re: Una serpe davvero illirica nel centro della Sardegna

#2

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E' DI ORIGINE ILLIRICA L'ANTICA MASTRUCA SARDA

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A lungo abbiamo perlustrato sulla Rete alla ricerca di qualche immagine recente che supportasse l'estratto che qui presentiamo, ma poco oramai si trova di uomini col vecchio costume, forse anche deve esser subentrato un qualche moto di vergogna, per cui tuttalpiù viene tirato fuori per mascherate e carnevalate varie. La mastruca o mastruga, secondo antica parola mai però perfettamente popolare in epoca recente, più agevolmente dai Sardi odierni resa col sinonimo di best'e pedde 'vestito di pelle', è il tipico indumento di una società di pastori, che vivono gran parte dell'anno sui monti, adatta (come le microfibre) non solo per gli inverni ma anche per le estati; essa apparve agli occhi dei Romani come specifico tratto costitutivo di una società "regredita", anche perché al tempo di Tolomeo si vedevano Sardi Pelliti anche a Cornus (che proprio in montagna non era). Ma qui siamo per occuparci della parola; le indicazioni di "sardità" in questo senso ci paiono precise. Vediamo pertanto le fonti, tralasciando, come cosa scontata, quando dicono che i Sardi vestivano genericamente di pellicce:



“Se non riuscì a sedurlo la porpora regale, fu forse la mastruca dei Sardi a trasformarlo? (Cicerone, Pro Scauro xxi)



“Cicerone, nell’atto di sbeffeggiare (i Sardi), a bella posta adoperò la parola mastruca” (Quintiliano, I, 5-8)



Sempre Cicerone si rivolge ai “mastrucatis latrunculis” della Sardegna in De prov. cons. 15



“Mastruga si chiama il saio nella lingua dei Sardi; megalie si chiamano le case nella lingua degli Afri; cateia si chiama il dardo nella lingua dei Persiani (P. Mauro, 284)



“Ad ogni nazione appartiene un certo tipo di indumento che riflette una caratteristica peculiare di ciascuna di queste; …per i Sardi le mastruche” (Isidoro di Siviglia, XIX, 23-1)



“Mastruga è una veste germanica confezionata mediante piccoli pelli di animali: questo è ciò che si può leggere nel libro delle differenze” (Codice Bernese, 83)



Fino ad ora riguardo l’origine della parola -che nel sardo odierno, come detto, pur registrata nei dizionari, non è popolare- si erano fatte diverse ipotesi: chi era propenso per una autentica parola indigena sarda (Terracini e Bertoldi) in ragione del suffisso -uca giudicato però secondo la visuale mediterraneista come "africaneggiante"; chi per un’origine semitica (così il celebre vocabolario latino di Ernout e del Meillet); o ancora chi propendeva per una parola d’origine gallica o germanica (Dottin). La voce viene nuovamente considerata un probabile semitismo, visto che la sua prima apparizione colla forma mastruga, nel Poenulus di Plauto, si accompagna a un’altra parola semitica, rivolta al cartaginese Annone come offesa, a giudizio dello studioso Martino (il quale però non adduce forme su cui poter discutere).





Ma la mia ricerca va per altre plaghe. Osservo infatti che in albanese e nel montenegrino esiste un capo di vestiario detto strugë/a ‘coperta di lana usata come mantello; mantello di lana bianco portato da pastori di bestiame in zone dell’Albania settentrionale’; ‘specie di mantello’; abbiamo strokë ‘giubbetto’ in arbëresht. Non trovo la voce segnalata nei vocabolari etimologici a mia disposizione. Il Meyer, riporta solo un vb. struk ‘mascherarsi’, dubbioso se non sia con italiano stuccarsi; l’Orel accenna a una shtrosë ‘pelle di capra usata come cuscino’ esito dal verbo shtroj ‘distendere’. E’ interessante invece notare come nelle lingue germaniche si trovi l’aggettivo strūga (dell'antico islandese) ‘irsuto, ispido, divenire ispido’ e oggi si abbia l'olandese struik ‘ispido’, imparentati con inglese to struggle ‘combattere’ (secondo il celebre Pokorny).





Per la parte iniziale della nostra parola, non si può non richiamare l'attenzione sulla base indoeuropea: *moiso-s/maiso-s ‘pecora, pelle, otre di pelle di pecora, sacca’, tra i cui esiti segnaliamo l'antico bulgaro Image ‘otre’, il russo Image ‘pelle, otre, sacca’. La nostra mastruga risalirà quindi verosimilmente a un chiaro sintagma nominale indoeuropeo: *maisa struga ‘pelle ispida, pelliccia irsuta’ .





Ma davvero può esser stata una parola indigena sarda? Potrebbe esser stato un germanismo che gli autori latini hanno usato anche per gli impellicciati sardi? A questa ipotesi vanno opposti due fatti: all’epoca di Plauto i Germani non erano così ben conosciuti come lo sarebbero divenuti dopo (nell’epoca di Mario, ad es.) e d’altra parte il riferimento ai Punici in Plauto è chiaro, segno che dalle contrade di Sardegna, forse anche per una penetrazione della parola nel punico locale la parola deve essersi diffusa nel latino; cercando poi nelle lingue germaniche non ho trovato nulla su una eventuale sostantivazione di struga. La conclusione da trarsi è che molto probabilmente la voce, sotto forma di aggettivo, è entrata in prestito dal protogermanico (ché pelli i Germani usavano per ricoprirsi) nell’illirico ma poi è andata sostantivandosi, formando in un rivolo anche sintagma con *masio, e un’originaria *masa struga ‘pelle/pelliccia irsuta’ (< maisa struga, con -ai- > a dell’illirico, vs. lituano máišas, máiše) per aplologia: *mas(ë) struga, è giunta nell’Egeo e da qui in Sardegna a denominare l’indumento usato dagli indigeni cavernicoli, che l’avrebbero però poi trasmesso (visti anche i benefici effetti: fresco d’estate e caldo d’inverno) agli Illiri (si noti come le élites militari rappresentate nelle statuette nuragiche non indossino mai questo indumento, ma solo una mantellina), come nemesi storica, o forse, per meglio dire, preistorica.



bibliografia utilizzata:



Giordano E., Fjalor i arbëreshvet t’Italisë, Bari 1963

Leka F.-Simoni Z., Dizionario albanese italiano. Fjalor shqip italisht, Tiranë 1996-1998

Dottin G., La langue gauloise. Grammaire, textes et glossaire, Paris 1918

ERNOUT A. - A. MEILLET, Dictionnaire étymologique de la langue latine, Paris 1967

Bertoldi V. “Sardo-punica” in La Parola del Passato ii (1947)

Meyer G., Etymologisches Wörterbuch der Albanesischen Sprache, Strassburg 1891

Perra M., Image Sardinia Sardegna, iii voll. Oristano 1997

Martino P., “Il problema dei semitismi antichi nel latino” in L’Italia e il mondo antico. Atti del Conv. della SIG (a cura di A. Landi) Pisa 1995

Newmark L., Albanian English Dictionary, Oxford 1999

Orel V., Albanian Etymological Dictionary, Leiden-Boston-Köln, 1998

Pokorny J., Indogermanisches Etymologisches Wörterbuch, 1959

Hubschmid J., Schläuche und Fasser, Bern 1955 (RH, vol. 54)

Gamkrelidze Th. V. - Ivanov Vj- V., Indo-European and the Indo-Europeans, Berlin- New York 1995, II voll.
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